Sale, petrolio, gpl e scorie nucleari. La storia della miniera di salgemma di Scanzano

06.01.2015 23:18

Negli anni ’50, durante una ricerca di idrocarburi, l'AGIP individuò un giacimento di salgemma lungo la foce del fiume Cavone.

Il fiume divide il territorio dei comuni di Pisticci e di Scanzano Jonico (all'epoca frazione di Montalbano Jonico).

Ad una profondità di 700/1000 metri e per un'estensione di 1237 ettari, la miniera di sale contiene circa I 5 miliardi di tonnellate di salgemma.

Nel 1974 il Ministero dell’Industria attribuisce alla Jonica Mineraria Chimica SpA la concessione mineraria di sfruttamento del salgemma. Successivamente la concessione viene trasferita all’Euromin SPA e poi alla Jonica Sali SPA (20.03.79).

Trattandosi di materiale di scarso valore rispetto agli alti costi di estrazione, nessuna di queste società presenta alcun progetto di sfruttamento.

Nel marzo del 1981 la concessione viene trasferita alla Canada Nortwest Italiana SPA che avanza una ipotesi di utilizzazione della miniera completamente nuova: buttare a mare il salgemma e utilizzare le caverne, ottenute con un processo di idrodissoluzione del sale, come deposito di GPL (gas petroliferi liquefatti).

Il progetto é talmente interessante, dal punto di vista economico, che la Canada Nortwest non solo spende circa 3 milioni di dollari per studi e ricerche ma, addirittura, costituisce una nuova società in Joint venture con la Scarboro Resorces L.t.D. per la gestione del progetto: la Scanzano Idrocarburi SPA..

Nel 1981 il progetto viene presentato alla Regione Basilicata.

Le caverne che verrebbero create con il sistema dell’idrodissoluzione, sarebbero 4 e avrebbero una capacità di stoccaggio complessivo di 320.000 mc di GPL; il sale verrebbe scaricato a mare e verrebbe costruito un attracco per le navi che soprattutto dal Medio Oriente porterebbero il GPL da stoccare.

Il progetto ottiene vari pareri più o meno favorevoli (l’Istituto Superiore di Sanità, l’Associazione Nazionale per il Controllo della Combustione, il Laboratorio Centrale di Biologia et.) che dettano delle prescrizioni precise: eliminazione dell’attracco marino e utilizzazione con Pipe-Lines del porto di Taranto, decantazione della salamoia per evitare che il suo scarico a mare provochi problemi alla flora e fauna marina, riduzione dei terreni da utilizzare per la realizzazione del progetto trattandosi di un’area agricola tra le più avanzate del mezzogiorno.

Dopo queste prescrizioni la Giunta Regionale della Basilicata, nel febbraio del 1983, delibera l’approvazione del progetto, a sua volta era stata sollecitata dal CIPE che aveva autorizzato il progetto di investimento della multinazionale canadese nel giugno del 1981.

Il Consiglio Comunale di Scanzano Jonico, nel marzo del 1981, all’unanimità rifiuta la proposta della Canada Nortwest.SpA.

Nell’estate del 1991 la stessa società finanzia un viaggio in Germania e negli USA per far visitare a consiglieri comunali di Scanzano Jonico e funzionari regionali depositi simili a quelli proposti per la miniera di Terzo Cavone.

Al ritorno dal viaggio, in una seduta del novembre 1991 ancora una volta è ribadita la posizione unanime del consiglio comunale di rifiuto del progetto anche in merito alla sola estrazione del sale.

Da allora comincia una vicenda emblematica riguardo alla gestione del territorio di un piccolo comune.

Il deposito di GPL di Terzo Cavone era stato inserito nel piano energetico nazionale e il Ministero dell’Industria non riusciva a capire come un piccolissimo comune del mezzogiorno rifiutando offerte cosi allettanti potesse bloccare un progetto di 30 milioni di dollari e sconfiggere i propositi di una multinazionale che avrebbe "incassato" circa 100 miliardi di lire venti anni fa riducendo i costi di stoccaggio, rispetto ai serbatoi artificiali, ad un decimo.

Il Ministero dell’Industria escluse per ritorsione il Comune di Scanzano Jonico dal primo programma di metanizzazione del mezzogiorno.

La multinazionale ripresentò il progetto potenziando le offerte già molto allettanti: royalty per circa 300 milioni annui, disponibilità per il Comune di un albergo di trenta stanze con annessi impianti sportivi, costruzione di un cavalcavia ferroviario, 1.000 tonnellate di GPL a prezzo di costo per il Comune, l’assistenza tecnica per costituire imprese per la gestione dell'indotto e infine circa 60 posti di lavoro.

La scelta di rifiutare l’investimento, condivisa da tutta la comunità di Scanzano J., favorì una presa di posizione unanime del Consiglio Regionale che costrinse anche la Giunta Regionale di Basilicata a fare marcia indietro.

Il rifiuto del progetto non aveva come presupposto nessun aspetto legato alla sicurezza: assestamento della miniera dopo la idrodissoluzione, stazione di carico marino, ferroviario e terrestre, valenza strategica di un terminale internazionale in rapporto all’uso militare del golfo di Taranto; più elementarmente in caso di incidente la necessità di bloccare un’arteria strategica come la S.S.106, la necessità di protezione per questione di "security" delle stazioni di carico e di parcheggio dei treni e delle autobotti e infine i vincoli allo sviluppo, in un raggio di almeno 3/5 km, delle attività che avrebbero potuto interferire con il deposito.

Il Consiglio Comunale di Scanzano Jonico rifiutò, per la terza volta all’unanimità nel dicembre del 1983, il progetto perché in contrasto con le linee di sviluppo agricolo e turistico del comune e dell’intera area del Metapontino.

Sembrava una storia finita ma per il grande affare che era e continua ad essere lo stoccaggio di GPL i soliti interessati al progetto ricominciarono la loro azione costruendo, passo dopo passo, un percorso che attraverso atti di "individuazione" e di "coinvolgimento" hanno poi consentito ad una nuova società, la SORIM SPA, di iniziare i lavori (giugno ‘99) dello sfruttamento della miniera.

La SORIM SPA (società di ricerche minerarie) non è altro che la modifica di denominazione della Scanzano Idrocarburi SPA, avvenuta il 22.12.1987.

Lo stesso amministratore delegato, l’ing. Francesco Galante, lo stesso oggetto sociale: ricerca mineraria, idrica, indagini geofisiche e soprattutto estrarre e raffinare salgemma e "POSSEDERE E GESTIRE CAVERNE SOTTERRANEE PER L’IMMAGAZZINAMENTO E LO STOCCAGGIO DI IDROCARBURI DI OGNI TIPO IVI INCLUSI GAS LIQUIDI, METANO ED ALTRI: IN PARTICOLARE POSSEDERE E GESTIRE LE CAVERNE CHE SI FORMERANNO A SEGUITO DELLA ESTRAZIONE DEL SOTTOSUOLO DI SALGEMMA."

La SORIM chiede e ottiene il rinnovo della concessione mineraria (marzo 1989), contro il parere del comune di Scanzano J., chiede e ottiene l’approvazione del programma di perforazione (settembre 1994), chiede e ottiene il finanziamento ai sensi della legge 488/92 (maggio 1996).

Dall’aprile ‘97 tutto procede, passo dopo passo, secondo quanto programmato e concordato con il Sindaco di Scanzano Jonico appena eletto, Mario Altieri, vecchia conoscenza dell'ing. Galante già dal 1981, anno del famoso viaggio in America organizzato dalla Canada Nortwest SpA. A quarantacinque giorni dall’insediamento di Altieri, il Comune chiede alla Regione il N.O. ai sensi della legge 50/93.

Nel settembre ‘97 la Commissione Regionale Beni Ambientali rigetta il progetto.

Dopo circa due anni di "intuizioni" (il PIP della zona estrattiva) e di pressioni e grazie ad un atteggiamento "Pilatesco" della commissione BB.AA., il Comune ottiene il parere favorevole della stessa Commissione (14.09.1998) e della Sovrintendenza (3.06.99) e il 9 giugno 1999 la Sorim ottiene il rilascio della concessione edilizia.

I lavori iniziano subito e poi sono sospesi dal presidente della Giunta Regionale il 9 settembre 1999. Attualmente, dopo ricorsi e contro ricorsi, i lavori sono ancora sospesi.

Il TAR di Basilicata con sentenze dell’ottobre 1999 ha praticamente annullato tutta la procedura amministrativa del PIP dando ragione all’Alsia e ai proprietari delle aree ed ha imposto la procedura della V.I.A. (Valutazione Impatto Ambientale) motivo del decreto di sospensione dei lavori emesso dal Presidente della Giunta Regionale.

Al di là di ogni considerazione su tutta la procedura amministrativa seguita dal Sindaco di Scanzano che si e comportato più come un socio-dipendente della Sorim che non come un rappresentante degli interessi dei cittadini di Scanzano J. ora si ripropone il problema di venti anni fa.

Stessa Società, stessi uomini, stessi capitali, stesso progetto, stesso obiettivo: non il sale, ma le caverne dove immagazzinare il GPL.

L’obiettivo è dichiarato in un convegno tenutosi a Frascati (4/7 ottobre 1988).

Il convegno, sponsorizzato dall’Assomineraria e dall’Università "La Sapienza" di Roma, è stato organizzato dalla MINING ITALIANA (società del settore servizi dell’Assomineraria) e coordinato e diretto dal prof. Massimo Guarascio, executive vice president della Mining Italiana ma anche presidente della SORIM SpA appena nominato (22 settembre 1998).

Il convegno ha trattato il tema dell’utilizzazione di cavità naturali, in precedenza occupate da sale, per immagazzinare il gas.

"I giacimenti di sale che potrebbero essere utilizzati in Italia per lo stoccaggio del gas sono presenti in Toscana, Lazio, BASILICATA e Sicilia…. La tecnica usata per produrre le cavità è quella della idrodissoluzione: con essa si scioglie il sale contenuto nel giacimento salino, creando delle cavità che possono poi essere utilizzate per l’immagazzinamento di gas naturali in forma gassosa o liquida (LNG), di petrolio e per lo smaltimento di rifiuti e scorie nucleari...E’ in fase di sviluppo, ma non ancora in produzione, una miniera in Basilicata da parte della SORIM, profondità 800 metri, da utilizzare per la produzione di sale ma anche per eventuale stoccaggio di gas."

Così il resoconto del convegno pubblicato nel n. 10-Anno 8 ottobre ‘98 di Assomin, notiziario mensile dell’Associazione Mineraria Italiana.

Il timore che lo sfruttamento del sale è solo un paravento che copre il vero obiettivo dell’investimento viene confermato da un altra "tessera" del mosaico.

La Mining Italiana, della quale il prof. Guarascio è vice presidente esecutivo, ha avuto l’incarico dalla Sorim di redigere il progetto di valorizzazione della miniera per fare domanda al Ministero dell’Industria per ottenere i contributi previsti dalla legge 488/92.

La stessa Mining Italiana è stata anche incaricata di fornire, chiavi in mano, l’impianto minerario per la coltivazione del salgemma e avvio coltivazione fino all’impianto di produzione.

Per presentare fideiussione al Ministero dell’Industria, come previsto dalla legge 488/92, la Mining ha richiesto a Conteco S.r.l., società di controllo indipendente, un parere tecnico sulla fattibilità dell'intervento.

Nel rapporto di Conteco (n.3 del 10/12/1998), tra le altre cose, viene sottolineato:

- mancanza di informazioni certe sulla effettiva quantità dei reflui da smaltire;

- mancanza di autorizzazione per l’approvvigionamento idrico da garantirsi con pozzi di falda o con il prelievo dal fiume Cavone (chi ha assicurato grandi portate d’acqua del Cavone?);

- difficoltà per le autorizzazioni al passaggio delle condotte di adduzione che dovrebbero passare sull’area definita intrasformabile per tutti gli usi antropici dal Piano Paesaggistico del Metapontino;

- per ottenere la concessione edilizia è necessario produrre la documentazione in merito allo smaltimento dei reflui (in mare o nei pozzi?).

Queste le considerazioni tecniche.

Le conclusioni di Conteco sugli aspetti economici e finanziari dell’intervento sono realisticamente le cose più interessanti: in merito ai COSTI previsti indicati nel progetto di valorizzazione potrebbero esserci alcune SOTTOSTIME, così come pure potrebbero essere SOVRASTIMATI I RICAVI LEGATI ALLA VENDITA DEL SALE.

La Conteco non sa che i ricavi non saranno dati dalla vendita del sale ma dall’utilizzo delle caverne.

La posizione strategica (golfo di Taranto), la grandezza della miniera (1237 Ha), i costi bassissimi dello stoccaggio (1/10 dei depositi artificiali), la disponibilità di più elevate quantità di GPL "lucano" da stoccare, faranno ritornare alla carica i soliti personaggi legati ai soliti interessi.

Non è difficile prevedere lo scenario del prossimo futuro: la Sorim "fallirà" perché saranno revocati i finanziamenti della L. 488792, si costituirà una nuova società "figlia" con gli stessi capitali, stesso oggetto sociale, stessi amministratori per realizzare lo stesso progetto.

Rifiutando la richiesta di svolgere un referendum sul problema del sale il Sindaco e l’Amministrazione Comunale di Scanzano Jonico hanno da soli capovolto una convinzione pressoché unanime della comunità di Scanzano J. che non vuole lo sfruttamento della miniera.

L'Amministrazione comunale di Scanzano Jonico, dando la possibilità alla Sorim di iniziare i lavori di sfruttamento della miniera mette in discussione l’idea di sviluppo del territorio basata sull’agricoltura e il turismo e mette in discussione migliaia di miliardi di investimento pubblico e privato che negli ultimi cinquant’anni hanno trasformato il Metapontino da palude quale era in una delle aree più ricche e produttive della Basilicata e del Mezzogiorno d’Italia.

Il 13 novembre 2003, in piena strage di Nassirya, il Governo Berlusconi decide con un Decreto Legge di utilizzare la miniera di salgemma di Terzo Cavone per lo stoccaggio di scorie nucleari di altà attività realizzando cosi un deposito unico nazionale di scorie nucleari. Dopo 15 giornate di civile protesta, il popolo Lucano convinse il Governo a fare marcia indietro. Il 27 novembre 2003 il nome di Scanzano viene cacellato dal Decreto Legge.

La Regione Basilicata pone il diniego al rinnovo della concessione mineraria e nel 2008 il Comune di Scanzano Jonico approva la variante urbanistica del PIP estrattivo in area agricola.

Per la terza volta Scanzano vince contro la volontà di utilizzare la miniera di salgemma di Terzo Cavone.

Palla al centro.

 

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